30 anni di OGM

Sono serviti 30 anni e una manciata di giorni per capire come trasformare la scoperta della struttura del DNA in uno strumento innovativo per il miglioramento genetico vegetale e far nascere, è proprio il caso di dirlo, il primo OGM. Era il 19 maggio 1983 quando Nature pubblicò il primo articolo in cui, utilizzando un batterio del suolo (il famoso agrobatterio), si era riusciti a modificare geneticamente una pianta.

Gli autori erano ricercatori dell’Università di Gent e del Max-Planck Institute di Colonia. Due enti pubblici.

Oggi Nature dedica alla ricorrenza un intero speciale che analizza come sono andate le cose, in questi 30 anni, concludendo che se si vuole che questa tecnologia mantenga le sue promesse essa deve ritornare ad essere oggetto di ricerca anche al di fuori dell’industria.

Nature però non spiega come.

Vale forse la pena di ricordare che

l’Italia ha fatto distruggere agli stessi ricercatori dell’Università della Tuscia l’ultima sperimentazione pubblica nazionale meno di un anno fa.

far autorizzare un nuovo OGM in Europa, ma il caso del Golden Rice ci dice che nemmeno altrove le cose vanno meglio, richiede circa 15 anni di burocrazia e milioni di euro. Anche qualora si arrivi all’autorizzazione, gli Stati hanno dimostrato di essere in grado di attivare norme nazionali, seppur tecnicamente infondate, per bloccarne l’utilizzo.

non esistono fondi comunitari pensati per sviluppare nuovi OGM, ma unicamente per studiarne le problematiche.

Non paiono certo le condizioni migliori per favorire una ripresa della ricerca pubblica nel settore.

Questo è il prezzo, sostiene Mark Lynas in un suo nuovo intervento, per aver appaltato la regolamentazione di questo settore ai suoi oppositori e, sempre secondo lui, è ora di ritornare su questa decisione.

Allowing anti-GMO activists to dictate policymaking on biotechnology is like putting homeopaths in charge of the health service, or asking anti-vaccine campaigners to take the lead in eradicating polio.

 

I believe the time has now come for everyone with a commitment to the primacy of the scientific method and evidence-based policy-making to decisively reject the anti-GMO conspiracy theory and to work together to begin to undo the damage that it has caused over the last decade and a half.

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