Il paradosso delle Malattie Rare

La ricerca per le malattie rare fa cassa. In questi mesi l’UE ha stanziato 144 milioni di euro a sostegno di 26 progetti di ricerca per questa negletta classe di malattie. Questi progetti fanno parte dell’International Rare Disease Research (IRDiR) Consortium, che ad oggi ha ricevuto mezzo miliardo di euro in 6 anni. Gli obiettivi sono chiari, almeno secondo quanto dichiarato dalla Commissione Europea: “portare 200 nuove cure a malattie rare entro il 2020”.

Nonostante le più nobili intenzioni, le critiche sulla politica degli incentivi per queste malattie si stanno facendo fitte, in quanto starebbere gonfiando un po’ troppo gli incassi dell’industria farmaceutica, e creando prodotti il cui prezzo gratta nei fondocassa della Sanità Internazionale.

Quanto è rara una malattia rara?

In Europa, una malattia per essere classificata come rara non deve riscontrarsi in più di una persona ogni 2.000 (o 50 su 100.000 se siete nerd della statistica). In UE il 6% della popolazione soffre di una malattia rara, e la maggior parte sono bambini (in quanto l’80% delle malattie rare sono causate da difetti genetici e si palesano nel primo periodo di vita). In totale, si parla di 30 milioni di pazienti.

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Secondo Orphanet (registro delle malattie rare dell’Unione Europea) le malattie rare scoperte fino ad oggi sono più di 6.000. Non male per essere “rare”. Filtrando un po’ di numeri, solo 338 hanno l’incidenza ‘rilevante’ da 1 ogni 2.000 a 1 ogni 100.000 persone. Un altro migliaio di queste malattie ha una prevalenza di uno su un milione (60 pazienti in tutta Italia/l’anno). I rimanenti 5.000 sono essenzialmente casi talmente sporadici che l’incidenza è di pochi pazienti al mondo.

Dove starebbe il problema?

Sebbene gli sforzi dell’UE e dell’NIH sulle malattie rare abbiano aiutato molti farmaci ad arrivare ai pazienti, tali incentivi hanno drogato il mercato al punto che alcuni di questi prodotti sono diventati dei blockbusters. Il problema parte dall’idea (ben fondata) che l’industria farmaceutica non sia interessata a sviluppare orphan drugs (“farmaci orfani” per curare malattie a bassa incidenza). Per correre ai ripari, nel 2000 la politica europea decide di mettere a disposizione incentivi a tutti i prodotti che curano malattie rare (fonte: Orphan Medical Products Regulation – UE, 2000):

  • 10 anni di mercato esclusivo una volta autorizzata la vendita

  • consulto scientifico gratis durante la fase di sviluppo

  • sconti per la procedura di approvazione presso la EMA

  • Sostegno economico

In seguito a questi stimoli, le vendite di orphan drugs sono incrementate del 10% negli ultimi 5 anni e toccano gli 86$ miliardi di introito. Un esempio di farmaco orfano, ma di estremo successo è l’eritropoietina (Epogen o EPO) per trattare l’anemia, che ha incassato 1.8$ miliardi solo nel 2011. Uno studio pubblicato da Thomson Reuters indica che gli orphan drugs siano un business molto più attraente rispetto alle terapie per malattie più comuni come influenza, malaria e HIV.

A causa dell’insostenibile costo ed eccessiva protezione per questi farmaci, alcuni paesi (e pazienti) stanno facendo ricorso. L’Olanda ha chiesto di tagliare l’esorbitante 700.000€ di prezzo per Myozyme, farmaco per trattare il morbo di Pompe, mentre l’Irlanda ha già ottenuto un taglio al costo di Kalydeco, per la fibrosi cistica.

Sempre più osservatori indicano che l’era dei benefici potrebbe presto finire.

Il problema non è supportare economicamente lo sviluppo e la messa in commercio di diagnosi e terapie destinate a pazienti che rischiano sul serio di essere dimenticati, ma un’analisi dei costi/benefici che tali stimoli esercitano sul mercato aiuterebbe sia i pazienti, sia le risicate risorse dei paesi che provvedono a coprire le spese di questi farmaci.

@riccardoguidi87

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