Rari, ma non soli: storia di un malato raro che ha trasformato sé stesso per aiutare gli altri

Riccardo: una quarantina d’anni sulle spalle, capelli brizzolati, quel po’ di pancetta che non guasta e una grinta da vendere. Chi l’ha conosciuto recentemente lo ricorda così. Eppure, anche se a guardarlo non si direbbe, Riccardo è un malato raro.

Telangecstasia Emorragica Ereditaria si chiama la sua malattia (o Rendu-Osler-Wemer), nome tanto complesso quanto è complessa la vita di chi ne è affetto, circa 1 ogni 10000 individui. Un difetto vascolare che provoca sanguinamenti spontanei frequenti, anemie ed emorragie, che possono mettere a rischio anche la vita. I primi sintomi della malattia Riccardo li aveva visti già all’età di 8 anni e anche sua madre ne era gravemente affetta:

“Questa situazione è durata per più di 15 anni ed ogni volta per la famiglia era un continuo batticuore perché mia madre era sempre tra la vita e la morte”

Una storia drammaticamente simile a quel milione e mezzo di malati rari in Italia, per cui una vera cura ancora non c’è: la perdita del lavoro, la mancanza di un supporto da parte delle istituzioni, la difficoltà nel svolgere con serenità qualsiasi mansione e la depressione che pian piano ti pervade.

“A cosa servo?”. “Ho quasi quarant’anni cosa faccio?”. Questi alcuni dei pensieri frequenti di Riccardo durante i lunghi e grigi cinque anni senza lavoro. Poi la svolta. Un video su Youtube, il fascino del Flair Bartending (ovvero la giocoleria applicata alla creazione dei cocktail) e due frasi di quelle che lasciano il segno:

“pensa se avessi vent’anni” e “dedicato a chi dice di non avere tempo”.

Da questo punto in avanti è nato un nuovo Riccardo, o forse è semplicemente lo stesso di prima, ma convinto fosse arrivato il momento di sfidare la propria malattia, a quarant’anni suonati. Come? A colpi di cocktail.

E così, completamente autodidatta e senza alcuna esperienza come barman, Riccardo iniziò a fare pratica con i “tricks” (letteralmente trucchi) dei grandi professionisti del bancone (i Bartenders, per l’appunto). Questa nuova passione, il sostegno dei suoi genitori e l’efficacia di una nuova, seppur parziale, cura, gli permisero di rimettersi in forma e soprattutto di riacquistare quella fiducia in sé stesso che sembrava aver perso tempo addietro. Era la prima vera sferzata alla sua malattia.

Riccardo si allenava all’aperto, nei parchi, fra i passanti. E più si impegnava, più si accorgeva che la gente attorno a lui, sempre più numerosa giorno dopo giorno, apprezzava. Di qui l’idea:

Perché non fare qualcosa di utile anche per altre persone?

Nasceva così nella sua mente il progetto Shake Your World: unire la passione per il Flair Bartending con una raccolta fondi per aiutare chi è affetto da malattie rare: un vero e proprio spettacolo-gara dove professionisti si impegnano a compenso zero per realizzare cocktail che verranno poi venduti all’asta e il cui ricavato servirà per sostenere la ricerca . Anche per questo al marchio è stata aggiunta la frase “Barman & Freestyle VS Malattie Rare”. Un progetto sicuramente ambizioso e non privo di ostacoli, a cominciare dalla difficoltà nel reperire i fondi necessari e trovare il sostegno di locali e associazioni. Essenziali sono stati dunque l’intraprendenza di Riccardo e l’aiuto di Bartenders di fama mondiale, tra i quali proprio Marco Corgnati, l’autore del video Youtube che ha spinto Riccardo a mettersi in gioco.

Il 28 febbraio 2010 la prima data, organizzata in pochissimo tempo, al The William di Firenze, con il supporto di alcune associazioni e in particolare la A.R.D.-Toscana (Associazione Ricerca sulla Distonia). Dal quel giorno il progetto non ha fatto che crescere: Shake Your World ha migliaia di sostenitori, partecipa sempre più frequentemente a gare e competizioni internazionali e inizia a venir sostenuta anche da aziende del settore.

Ma il ruolo più importante rimane quello dei professionisti che in numero sempre crescente partecipano gratuitamente a queste gare. Come Giulia Mantovelli, bartender affermata che dice:

“Shake Your World è semplicemente amore da donare a chi ne ha davvero bisogno facendo quello che amo fare!”

E purtroppo di bisogno ne hanno davvero tanto queste persone e Riccardo nella sua vita tra ospedali e ricoveri ne ha viste tante, a cominciare da sua madre, che ha sostenutofino all’ultimo. Purtroppo una malattia rara significa anche meno guadagno per le case farmaceutiche e dunque meno investimenti. Anche per questo il motto degli organizzatori è “Rari ma non soli”, per ricordare di aiutare e aiutarsi. Infine una bella notizia, proprio sotto Natale, direttamente dal loro gruppo Facebook:

“Abbiamo incassato quanto sognato. Nel 2014 doneremo ai ricercatori 10000 euro. Grandi, grandi, grandi!”

Questa è la storia di un uomo, Riccardo, che non solo ha saputo risollevarsi da una malattia apparentemente insormontabile, ma è diventato un simbolo, un’icona per tante persone che ancora non sono uscite dal proprio periodo di tormento. Perché, come dice Luca Grifi,

“Shake Your World rappresenta la voglia di lottare sempre con i mezzi che si hanno a disposizione e non perdere mai la speranza”.

E Riccardo sa bene per chi lottare, prima ancora di sé stesso: per sua figlia, anch’essa risultata positiva alla malattia. Il nome del progetto, infatti, non è casuale, come precisato sul sito. Shake significa scuotere: “scuotere l’opinione pubblica e l’indifferenza che gravita intorno al pianeta malattie rare e spingere le persone colpite a reagire come ha fatto lui”.

Ma Riccardo è riuscito nella cosa più difficile: rendere la sua personale battaglia una battaglia di tutti, malati e non malati, insieme uniti per la ricerca e, dunque, per i malati stessi.

 

Federico Baglioni e Laura Guarina

@FedeBaglioni88

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