Battaglia persa per le Big Pharma sul brevetto in India?

Scottate dall’ultima sconfitta in materia di brevetti, le Big Pharma prospettano di diventare molto più caute negli investimenti su nuovi prodotti farmaceutici in India. Gli esperti dubitano tuttavia che i colossi farmaceutici siano disposti a rinunciare a un mercato che diventerà l’ottavo più grande al mondo entro il 2016.

La decisione emessa lunedì dalla Corte Suprema Indiana di non concedere un brevetto sul farmaco anticancro Glivec a Novartis non è che un’ulteriore conferma di come in India si stia cercando di limitare il potere delle Big Pharma nonché i prezzi dei farmaci.

Il contenzioso nasce nel 2006, quando l’ufficio brevetti indiano rifiuta la domanda di brevetto di Novartis su una variante della molecola antitumorale sostenendo che, secondo la legge brevetti indiana, non si tratti di un’innovazione, bensì di un caso di evergreening, una tattica mirata a prolungare la durata della protezione brevettuale mediante il deposito di una nuova domanda di brevetto su una forma della molecola di poco differente dall’originale. Nel caso del Glivec, la molecola originale è l’Imatinib mentre la variante è la forma beta cristallina dell’Imatinib mesilato.

Novartis si difende facendo notare che sono stati necessari anni di ricerca per mettere a punto prima il sale mesilato dell’Imatinib, poi la sua forma cristallina, l’unica che può essere somministrata efficacemente e in modo sicuro ai pazienti. Il brevetto è stato concesso in quasi 40 altri paesi e i programmi di donazione dell’azienda, sottolinea Novartis, forniscono il farmaco gratuitamente al 95% dei pazienti indiani.

La Corte tuttavia rimane irremovibile, forte della clausola, inserita nella Sezione 3(d) della legge brevetti indiana (Indian Patents Act) nel 2005 in occasione del recepimento degli accordi sui brevetti della WTO, che dovrebbe impedire l’evergreening e rende i requisiti di brevettabilità su nuove forme di farmaci più restrittivi che in altri paesi.

La questione evidentemente non riguarda soltanto il caso specifico del Glivec, ma in generale questa clausola, che, in corso causa, Novartis ha sostenuto essere eccessivamente limitativa rispetto ai TRIPS e addirittura in violazione della Costituzione indiana.

Vale la pena di notare che la Sezione 3(d) dell’Indian Patents Act non è l’unica misura messa in pratica dalla legge indiana per limitare il costo dei farmaci. Un ulteriore esempio è l’istituzione delle licenze obbligatorie ammissibili dopo tre anni dalla concessione di un brevetto su farmaci che non sono disponibili a prezzi accessibili per i pazienti.

Questa seconda strategia è stata applicata per la prima volta nel 2012, quando l’ufficio brevetti indiano ha costretto la Bayer a concedere una licenza alla Natco Pharma (un’azienda genericista locale) per il farmaco anticancro Nexavar. Il costo per la cura è passato da 5500$ a 175$ al mese per paziente, una cifra comparabile alla riduzione da 2600$ a 175$ (sempre al mese per paziente) del Glivec in seguito alla decisione sul brevetto Novartis.

L’India è il primo paese che mette in pratica una politica di accesso ai farmaci così decisa, ma altri Stati emergenti si preparano a seguirne l’esempio. L’Argentina ha di recente emesso delle linee guida più restrittive per la concessione dei brevetti, mentre altri paesi come il Sud Africa, la Tailandia e il Brasile hanno proposto e in qualche occasione utilizzato le licenze obbligatorie per consentire l’accesso a farmaci a prezzi più ragionevoli.

Appare inevitabile a questo punto che i produttori di farmaci coperti da brevetto ripensino le loro strategie commerciali per i paesi emergenti, offrendo versioni più economiche dei principi attivi e ricavando profitto dai volumi maggiori di prodotti venduti.

@alessandrabosia

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