Mi porti anche un po’di trasparenza

Le colazioni negli alberghi italiani sono migliorate negli ultimi anni? La mia impressione è nettamente positiva: frutta fresca, yogurt, crostate, torte, salumi, uova, personale disponibile. Sono cambiate le abitudine alimentari degli italiani, naturalmente, e c’è un fenomeno imitativo di quanto visto e soprattutto di quanto richiesto dalla clientela del Centro e del Nord Europa.

Sospetto però che un ruolo importante sia da attribuirsi al diffondersi di TripAdvisor, booking.com e strumenti simili, che permettono ai clienti precedenti di far conoscere le proprie opinioni a quelli futuri.

Le informazioni si diffondono tra i potenziali clienti, gli albergatori se ne accorgono e rispondono migliorando il servizio sulla base dei commenti ricevuti. Non diventa poi così difficile ottenere ottimi giudizi quando il ciclo punizione-adattamento-premio è semplice e trasparente.

Ma ci sono informazioni che nessun consumatore possiede. Come lavora la cucina di un ristorante? Il magazzino è pulito? Le buone norme di igiene sono rispettate? In alcuni casi possiamo osservare di nascosto l’interno di una cucina e farci un’idea; pochi hanno le competenze tecniche per dare una valutazione completa, e nessun diritto a chiedere di fare un’ispezione.

Le autorità sanitarie, quando sono competenti (e non corrotte), dispongono però di queste informazioni. Ispettori e tecnici, più o meno frequentemente, visitano i locali destinati alla somministrazione degli alimenti, si formano opinioni, stendono verbali, comminano sanzioni (spesso a ragione, a volte, è giusto ricordarlo, a torto).

Come potenziali consumatori di un ristorante o clienti di un albergo non avremmo diritto ad avere queste informazioni?

In molti paesi la risposta è stata positiva. In Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord, per esempio, esiste una pagina dell’autorità nazionale che permette di trovare il “voto”, da 0, miglioramenti urgenti necessari, a 5,  ottimo, ricevuto da ogni singolo ristorante o bar. Il voto è anche esposto sulla vetrina. Lo stesso servizio è attivo anche in Cina a conferma del fatto che, se ha molti più problemi di sicurezza alimentare, la Cina è spesso più disponibile a sperimentare nuove soluzioni di molti paesi europei.

Il sistema è in vigore anche in Danimarca, mentre negli USA la situazione è variabile: da nessun accesso alla completa trasparenza, passando per l’inefficace mezza misura consistente nella possibilità di vedere i risultati delle ispezioni solo su richiesta al ristoratore o all’albergatore. In Nuova Zelanda uno studio ha stabilito che è meglio usare, come indicatore dell’esito delle ispezioni, le lettere dell’alfabeto piuttosto che un indicatore con freccia.

Si può pensare ad una soluzione simile anche in Italia e in altri paesi dell’Europa continentale? Si aprirebbe anche qui una food war, tra associazioni di categoria, autorità e consumatori. Non è scontata, peraltro, la disponibilità culturale dei controllori che preferiscono, a volte, raccontare un mondo bianco e nero, dove tutti gli operatori che dopo i controlli restano aperti devono essere al di sopra di ogni sospetto.

Credo che, se i problemi legali derivanti dal nostro ordinamento si rivelassero superabili (e sono sicuro che i nostri avvocati ne individuerebbero tanti), l’iniziativa non potrebbe essere che di qualche realtà locale o regionale più coraggiosa.

Naturalmente ci sarebbero pro e contro; sarebbe comunque interessante sperimentarla, nell’interesse dei cittadini e anche di albergatori e ristoratori più scrupolosi.

@lucabuk

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