Epatite A in Italia? mah, vediamo…

Siete i responsabili del controllo delle malattie infettive in Trentino.

Nella vostra posizione sapete bene che l’epatite A è una malattia molto infettiva, dovuta ad un piccolo Picornavirus a RNA, spesso asintomatica nei bambini sotto i 5 anni, ma che nei più grandi causa ittero, febbre, debolezza, e dolori addominali. I sintomi durano una o due settimane, ma anche mesi. Nel 15% dei casi la sintomatologia dura più di un anno.

Solo negli adulti oltre i 50 anni (e in chi ha problemi di fegato) il rischio di morte è importante (fino a 1,8%). Spesso è trasmessa da alimenti (fragole, molluschi, ecc) o acqua, data la resistenza nell’ambiente del virus, per la classica via oro-fecale (che significa mangiare alimenti venuti in contatto con feci contaminate). Sapete anche che una difficoltà epidemiologica è il lungo periodo di incubazione (28-30 giorni).

Torniamo al vostro ufficio. Non vi sono stati segnalati casi nel 2011 e neppure nel 2012 da tutto il Trentino.  Ma, tra gennaio ed aprile 2013, sono arrivate 15 segnalazioni. A maggio, poi, e solo in una parte del mese, sono arrivate 11 segnalazioni. Siccome sapete che per ogni caso che giunge alla vostra attenzione, ve ne sono forse 10 non segnalati (se si può applicare in Italia la stima dei CDC americani), i casi potrebbero essere molti di più.

Quindi, ragionevolmente, sospettate che ci sia un problema e che bisogna scoprire cosa sta facendo ammalare i trentini di epatite A.

Iniziate dal chiedere lumi all’Istituto Superiore di Sanità per sapere se il possibile problema riguarda non solo il Trentino, ma anche altre parti d’Italia. Il sistema Seieva raccoglie tutti questi dati. Non sappiamo cosa vi ha detto l’Istituto, possiamo ipotizzare però che possa avervi detto che, sulle 16 regioni che mandano dati aggiornati, paragonando il periodo settembre 2012-aprile 2013 a quello precedente corrispondente, si sale a 417 casi (dai 167 del periodo precedente), con un incremento del 70%.

Cioè, in pratica, c’è probabilmente in corso una notevole epidemia di epatite A in Italia, con centinaia di casi.

Un aggressiva indagine epidemiologica è necessaria? In realtà, non sappiamo cosa abbiano fatto le autorità trentine ed italiane fino a maggio 2013; nulla che risulti dal documento dell’European Centre for Disease Control (ECDC) ed European Food Safety Authority (EFSA).

L’8 maggio, però, la Germania, attraverso i sistemi dedicati a queste situazioni, ha riportato 7 casi di epatite A in tedeschi che erano stati a sciare in Trentino e avevano probabilmente contratto il virus lì a metà marzo. A seguire Paesi Bassi e Polonia hanno riportato casi analoghi, per un totale di quindici: dopo la settimana bianca in Trentino, erano tornati a casa e si erano ammalati di epatite A.

Stando al documento europeo, solo allora l’Italia si è accorta della situazione in Trentino e del 70% dei casi in più a livello nazionale.

Il 23 maggio il Ministero della Salute ha finalmente allertato tutte le Regioni, chiedendo giustamente la notifica dei casi entro 48 ore, invece del solito e farraginoso sistema.

Quindi, per scoprire che nel Nord Italia abbiamo un grossissimo focolaio epidemico di epatite A forse con centinaia di casi, ci serve che vengano a fare la settimana bianca qui alcuni tedeschi e poi si rivolgano al loro sistema sanitario?

Il problema probabilmente è legato alla carenza di risorse, ci sono poi dettagli che non si conoscono. Di sicuro però esiste anche una problema culturale.

Vediamo come la FDA americana avrebbe riportato la notizia (cosa facile, visto che c’è in corso un focolaio molto simile negli USA. Secondo l’amico e grande esperto di sicurezza alimentare, Doug Powell, è in qualche modo collegato a quello italiano, ed altri due europei in corso):

The U.S. Food and Drug Administration and the Centers for Disease Control and Prevention (CDC) and state and local officials are investigating a multi-state outbreak of Hepatitis A illnesses potentially associated with a frozen food blend. We are moving quickly to learn as much as possible and prevent additional people from becoming ill. We recognize that people will be concerned about this outbreak, and we will continue to provide updates and advice.

Il testo completo è qui. Concentriamoci sulla  parte che ho messo in grassetto.

Si sente l’urgenza: sappiamo che c’è una causa (un alimento contaminato), dobbiamo identificarlo (e l’hanno già fatto), toglierlo dal mercato e dire ai consumatori di buttarlo via se ce l’hanno ancora, così non si ammala più nessuno. Sappiamo che siete preoccupati, ma sappiate che ci muoviamo alla massima velocità.

Troppa adrenalina? E’ l’approccio americano.

Sentiamo invece la campana nostrana:

Nell’aprile 2013 sono stati segnalati due focolai internazionali di Epatite A, il primo che coinvolgeva pazienti dei Paesi Nord-Europei (cluster presumibilmente legato al consumo di frutti di bosco congelati di importazione extra-EU), il secondo turisti di rientro dall’Egitto. Negli ultimi mesi, inoltre, è stato rilevato un importante incremento, rispetto agli anni precedenti, dei casi di epatite A in Italia. Alla luce di tale incremento dei casi nel nostro Paese e delle due epidemie che stanno coinvolgendo altri Paesi europei, il Ministero della salute ha predisposto la Circolare 23 maggio 2013 per rafforzare la sorveglianza dell’Epatite virale A ed avviare indagini sul territorio nazionale finalizzate ad identificare sia l’esistenza di possibili casi autoctoni correlati che, eventualmente, le potenziali fonti di infezione.

Anche qui mi soffermo su quanto ho messo in grassetto. I tedeschi ci hanno avvertito ai primi di maggio. Al 23, noi stiamo rafforzando il sistema. Ci domandiamo se esistono “possibili” casi in Italia correlati (un po’ come dire che in Trentino hanno servito i prodotti contaminati solo ed esclusivamente a tedeschi, polacchi e olandesi). Se poi scoprissimo che ci sono, ci potremmo domandare “eventualmente” se una causa – in potenza – c’è. Prevale la cautela, forse la rassegnazione o, se volete, un saggio distacco.

Come dice l’Ecclesisaste, “il sole sorge e il sole tramonta” (o se vogliamo l’epatite A viene e poi va) “c’è forse qualcosa di cui si possa dire: «Guarda, questa è una novità»?”

Insomma, nessuna urgenza, una causa ancora da trovare, malattie da prevenire, ma soprattutto prudenza.

Potenzialmente, eventualmente, forse, e se anche.

In realtà, però, un punto di interesse e preoccupazione sembra esserci. Perché gli alimenti sospetti (ad esempio i frutti di bosco congelati, noti veicoli di virus se non cotti completamente, e nel 2013 questa non è una novità) le autorità li conoscono, con tanto di marche e lotti. Tanto è vero che l’Italia ha lanciato l’allarme su questi prodotti a livello comunitario (questo è uno) mettendo bene in chiaro (il grassetto è mio):

frozen berries mix from Italy, with raw material from Canada, Serbia, Bulgaria and Poland, via Switzerland

cioè che sarà pure un prodotto fatto in Italia, da azienda italiana che doveva controllare i suoi fornitori (forse?), ma mica è roba nostra, viene da fuori. Stesso discorso per l’altra allerta. Per usare le parole del Ministero, “di importazione extra-EU”.

Come gli americani e i nordeuropei importavano frutti contaminati da paesi in cui i lavoratori agricoli non hanno accesso a strutture igieniche (e quindi, per esempio, raccolgono la frutta con mani non proprio pulite dopo aver usato il bagno) e si prendevano la malattie (succede ancora e si prendono le contromisure), ora tocca a noi. Gridare all’importazione extra-EU poi è in linea con la criminilazzazione degli import attualmente in corso.

Probabilmente, però, al comune cittadino piacerebbe sapere che marca è quella dei prodotti incriminati, in modo – oltre a fare valutazioni per il futuro – da poter buttar via il prodotto prima di mangiarlo, e magari di ammalarsi.

Su questo punto, come di costume, per via di una complicità di vari attori (dare la colpa solo al singolo funzionario è superficiale), il silenzio è tombale  (NB: modifica del post il 6 giugno alle 13:26. Mi è stato fatto notare che la Provincia Autonoma di Bolzano, sul suo sito non so quanto frequentato, ha segnalato il 31 maggio il prodotto incriminato. Onore al merito, Ma il resto degli italiani? Emerge da ilfattoalimentare che è coinvolta anche una cheesecake ed un altro prodotto venduto presso la Coop).

Morale? Quando sentite che in America o in Germania è scoppiata un’epidemia con centinaia di ammalati, e quindi pensate di aver il lusso di preoccuparvi dei teorici pericoli degli OGM, non consolatevi pensando che da noi quelle cose non succedono. Da noi, semplicemente si cerca di lasciarvi liberi di pensare ad altro.

@lucabuk

P.S.: sia chiaro che ho grande stima per molti funzionari locali o centrali di ASL, ISS e Ministero, conoscendo le condizioni in cui operano. La mia nota non è rivolta a loro, il problema è politico e culturale.

Commenti

commento/i