Patata Amflora: storia di un OGM iniziato male e finito peggio

E’ ancora fresca la notizia che l’autorizzazione della patata OGM Amflora è stata bloccata dal Tribunale dell’Unione Europea.

Le reazioni, ovviamente, non si sono fatte attendere e numerose associazioni anti-OGM hanno festeggiato la notizia ricordando che la maggioranza degli italiani sono per il Made in Italy e non per gli OGM, nonché simbolo di monocoltura e bassa qualità.

Ma facciamo un passo indietro. Cos’è questa patata Amflora?

Innanzitutto va detto che non tutte le patate vengono usate per l’alimentazione, anzi. Le patate, infatti, sono composte da due tipi di amido, l’amilosio e l’amilopectina. Quest’ultimo polimero, in particolare, è molto utile nell’industria (ad esempio cartaria), come addensante ed è molto interessante poterlo avere separato dall’amilosio e in grandi quantità.

Dunque i ricercatori hanno pensato di “spegnere” il gene che permette la produzione dell’amilosio ottenendo un tubero con un altissimo contenuto di solo amilopectina. Era il 1991 e nel 1996 la BASF ha richiesto che venisse approvata questa patata denominata Amflora. Dopo moratorie, ritardi e nuove richieste l’approvazione è stata sancita, come detto, nel 2010 e cioè ben 14 anni dopo la richiesta. Non male se si considera che patate con caratteristiche simili ottenute per mutagenesi possono venire approvate senza problemi nel giro di qualche anno e senza necessità di alcuno studio.

Questa patata, però, non ha goduto del successo sperato e appena due anni dopo la BASF ha deciso di ritirarla dal mercato europeo perché, vista l’estrema ostilità ai prodotti transgenici, non conviene.

Ed eccoci alla notizia di qualche giorno fa. Cos’è successo?

Precisiamo subito che, no, non è stata annullata l’autorizzazione a causa di qualche articolo bomba sulla pericolosità di questo OGM (che comunque, ricordiamolo, non sarebbe finito sulle nostre tavole). Si tratta, invece, di “vizi procedurali”. L’EFSA, infatti, dopo il primo parere postivo del 2005 ne ha dovuto presentare un altro nel 2009 in cui veniva dimostrato come non ci fossero particolari rischi dovuti alla presenza della resistenza dell’antibiotico Kanamicina, usato come “marcatore” nella patata OGM in questione.
Secondo il Tribunale, però, la Commissione Europea avrebbe agito

senza consentire ai comitati competenti di prendere posizione né sul parere né sui progetti di decisione modificati, ha violato le norme delle procedure di autorizzazione (…)
Se la Commissione avesse rispettato tali norme, gli esiti della procedura o il contenuto delle decisioni impugnate avrebbero potuto essere sostanzialmente diversi.

E questo perché il parere dell’EFSA sarebbe stato più incerto e i comitati competenti avrebbero potuto rifiutare la richiesta di approvazione di Amflora.
Sicuramente un mezzo pasticcio che si ripercuoterà per i prossimi anni al grido di “Hanno cercato di barare per autorizzare a tutti i costi gli OGM” e che rischia di gettare ombra su un prodotto che di per sé non ha alcuna connotazione negativa, né è stato accusato di provare alcun danno a umani, animali o ambiente.
Il fatto, invece, che vi siano associazioni come Coldiretti che non hanno perso tempo per dire che questa decisione è una vittoria che dà ragione a chi dice no agli OGM è la dimostrazione di come ancora non si sia capita la differenza tra un parere scientifico e un parere politico.

E finora, almeno in Italia, di pareri scientifici inascoltati e di pareri politici che si son trasformati in leggi e moratorie ne abbiamo sentiti fin troppi.

 

@FedeBaglioni88

Commenti

commento/i