Il vecchietto che mette in discussione il brevetto

Ancora una volta l’oggetto del contendere è la soia Roundup Ready della Monsanto di cui avevamo già parlato.

L’antefatto.

Nel 2007, il Signor Bowman, eccentrico agricoltore dell’Indiana, è stato portato in tribunale dalla multinazionale per aver utilizzato per otto stagioni consecutive i semi ottenuti da un lotto iniziale di Roundup Ready regolarmente acquistato. Monsanto pretendeva che l’agricoltore pagasse le royalties non solo sui semi di prima generazione, ma anche sui semi di quelle successive, sostenendo che, nel caso di tecnologie che si autoreplicano naturalmente come i semi, il diritto di esclusiva conferito dal brevetto non si esaurisse alla prima vendita del prodotto, ma si estendesse anche alla sua progenie.

Il tribunale di primo grado ha dato ragione a Monsanto, ma in appello la questione è stata rimessa in dubbio e ora appare alquanto probabile che la sentenza sia ribaltata (anche complice il fatto che un importante studio brevettuale di Seattle ha offerto di assistere pro bono il Signor Bowman). Questa ulteriore sfida al principio dell’esaurimento ha messo in allarme le aziende produttrici di semi, preoccupate che i brevetti non proteggano più in modo efficace i frutti di anni di costosa R&D. Come contromisura, diverse aziende impegnate nel settore hanno ripreso in considerazione soluzioni di ingegneria genetica, in particolare la Genetic use restriction technology (GURT), come alternative alla tutela fornita dalla proprietà intellettuale.

Già nel 1999, Monsanto aveva sviluppato (e brevettato) un metodo per produrre semi sterili nelle generazioni successive alla prima, in modo da obbligare gli agricoltori a riacquistare nuove sementi ogni stagione. La tecnologia, denominata “Terminator” dagli attivisti che la contrastavano, si basava sull’attivazione di un gene per una tossina che impedisce lo sviluppo degli embrioni della pianta. Ai tempi, l’invenzione suscitò molte preoccupazioni e polemiche, tanto da convincere Monsanto a non commercializzare sementi che recassero il tratto Terminator.

Ora questo tipo di soluzioni appare nuovamente interessante per tutte le parti in gioco. Da un lato, per le aziende che forniscono sementi e per gli agricoltori perché permettono di superare l’incertezza creata da continue dispute sul principio di esaurimento del brevetto. Dall’altro lato, per una parte degli ambientalisti, che inizialmente avversarono accanitamente la tecnologia Terminator, ora però più preoccupati delle conseguenze della diffusione degli OGM sull’ecosistema, diffusione che il sistema evita.
Nemmeno i consulenti brevettuali, a quanto pare, sembrano spaventati dalla diminuita appetibilità della protezione brevettuale per i semi di piante transgeniche: sono consapevoli che potranno rifarsi depositando altrettanti brevetti sulle nuove tecnologie GURT!

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