Distanze

Domani si terrà a Milano la manifestazione di Pro-Test a favore della sperimentazione animale. Mi pare dunque il momento giusto per riprendere la nostra chiacchierata con Serena Contardi, animalista DOC, che abbiamo iniziato settimana scorsa.

 

Mi pare naturale che, nell’approfondire un tema, specie se spinoso come la sperimentazione animale, si possano maturare divergenze anche profonde. Mi piacerebbe che emergessero. Confesso però che mi piacerebbe ancora di più se riuscissero ad emergere nel rispetto reciproco e soprattutto offrendo spunti e riflessioni di spessore. Questo però, ovviamente, è un compito che spetta unicamente a voi. Vi aspetto.

 

@DNAyx  

Ci siamo lasciati, la scorsa settimana, con la promessa che avremmo letto i recenti fatti di cronaca alla luce delle distinzioni “tassonomiche” che abbiamo enucleato tra le varie forme di animalismo. Alcuni lettori, nei commenti lasciati in calce all’articolo, mi hanno invitata, come condizione preliminare per il nostro dialogo, a prendere le distanze dai gruppi animalisti, chiamiamoli così, più “esagitati”. Mi trovo alquanto a disagio di fronte a questa richiesta e vorrei brevemente motivare perché non mi sento di accoglierla.

Ad esempio, chi sostiene la SA perché ritiene, pur comportando innegabili costi in termini di vite animali, sia ancora fondamentale per preservare la salute umana, come si comporta in quegli ambiti in cui lo sfruttamento animale rappresenta tutt’altro che un “male necessario”? Probabilmente in questo stesso momento indossa pelle, lana (o forse no, ma solo perché fa caldo), sta inzuppando una brioches fatta con burro e uova in una tazza di latte vaccino… Bene, cioè male, ma la verità è che tutte queste cose a me non interessano. Credo che la sola condizione preliminare perché un dialogo possa darsi sia che esistano due voci ben distinte ma disposte ad ascoltarsi, senza prescrivere all’altra che volto e che identità assumere. Sono altresì persuasa che la gran parte di noi uscirà da questo confronto senza mutare le proprie opinioni, ma penso valga lo stesso la pena portarlo avanti, anche solo per imparare qualcosa che prima non si sapeva, o per la semplice curiosità di farlo.

A questo punto, forse, qualcuno di voi comincerà a lanciarmi i pomodori: pregherei questi signori di scegliere dei succosi pachino, che sono i miei preferiti, e proseguirei per tutti gli altri (ammesso che ne rimangano).

Dunque, disfiamoci per un attimo del nostro personale giudizio valoriale e focalizziamoci su tre azioni “animaliste” tra le quali l’occhio dell’osservatore esterno è poco abituato a cogliere differenze di alcun tipo: l’irruzione nell’allevamento Green Hill di Montichiari del 28 aprile 2012, l’occupazione della facoltà di farmacologia della Statale di Milano di sabato 20 aprile 2013 e la contestazione del candidato sindaco Ignazio Marino a Campo de’ Fiori del 4 maggio 2013.

Montichiari

Durante una manifestazione contro la multinazionale Marshall, alcuni dei presenti sono riusciti a eludere i controlli e a entrare nei capannoni dove venivano allevati i beagle; hanno preso con sé gli animali e si sono subito mimetizzati tra la folla, sperando di non venire fermati dalle forze dell’ordine (che poi siano stati presi non ha qui alcuna importanza).

Pochi fra i manifestanti erano effettivamente antispecisti.

Si è trattato di una movimentazione di massa, imprevista, scompigliata e a tratti ingenua (le foto dei rei sono addirittura state diffuse sui social network, rendendoli così perfettamente riconoscibili), originata dal rifiuto viscerale che una popolazione a maggioranza zoofila prova nei confronti degli esperimenti condotti sul “migliore amico dell’uomo”.

Milano

I cinque attivisti che hanno occupato la facoltà di Farmacologia hanno agito a volto scoperto, pienamente consapevoli del fatto che dovranno rispondere delle loro azioni davanti a un tribunale, al cui giudizio non hanno mai pensato di sottrarsi; non hanno usato alcuna arma se non i loro stessi corpi per impedire che la polizia facesse irruzione nei locali occupati, si sono fotografati e hanno pubblicato le immagini sulla rete, a ulteriore dimostrazione della loro volontà di autodenunciarsi: l’aperta violazione della legge ha in questo caso un forte valore simbolico e mira a sfondare nei grandi media, sollecitando una discussione pubblica sulla liceità della sperimentazione animale.

Forse è il caso di sottolineare che gli atti di disobbedienza civile sono per definizione illegali.

Le persone che commettono atti di disobbedienza civile sono tenute a rispettare determinati standard: non devono macchiarsi di comportamenti violenti verso persone, devono accettare fino in fondo le conseguenze legali delle loro azioni e devono fare appello a un senso condiviso di moralità. Sebbene si possa condannare duramente questo gesto o considerarlo nulla più che bieco vandalismo, metterlo sullo stesso piano dell’invio di pacchi bomba ai ricercatori o dell’istallazione di dispositivi esplosivi nelle loro auto mi sembra fuorviante e sbagliato.

Piccola nota: l’ormai leggendario figuro che reggeva il cartello “assassini” al contrario in occasione della manifestazione in difesa della ricerca biomedica indetta da Pro-Test Italia non appartiene al coordinamento Fermare Green Hill, responsabile dell’occupazione, ma al gruppo 100% animalisti.

Roma

Per protestare contro Ignazio Marino, alcuni “animalisti” si sono dipinti sul busto slogan come «No alla vivisezione, no a Marino»; hanno seguito l’esponente del PD tra i banchi del mercato e hanno intonato il coro «Marino, Marino, fai tu il babbuino», spintonando tre dei suoi collaboratori.

Abbiamo qui a che fare con una bruta quanto brutale dimostrazione di forza, tanto più sterile perché condotta ai danni di un medico e politico apertamente favorevole alla SA ma disponibile al dialogo e al contraddittorio.

Se in molti, dopo gli eventi di Milano, hanno ceduto a una ipercriminalizzazione dell’attivismo animalista nel suo complesso, parlando addirittura di attacco terroristico per qualificare un’azione che non ha previsto l’uso delle armi, Marino non si è mai spinto a tanto, dimostrandosi con ciò un autentico liberale. Di fatto, episodi come questo – e purtroppo non sono così infrequenti – hanno come unico effetto l’autoscreditamento del movimento animalista stesso.

 

Indipendentemente da come si valutino casi simili, il fatto che siano spesso raccontati con tacita simpatia da giornali e televisioni testimonia di come riflettano un sentimento diffuso, un interesse crescente verso la sorte degli altri animali. Suppongo sia innegabile che a questo punto della storia umana l’empatia che generalmente siamo arrivati a sentire nei loro confronti stia superando l’ambito del “buon cuore” individuale per diventare a tutti gli effetti una questione politica: proprio di questo, se potrà interessarvi, discuteremo nel prossimo articolo.

Serena Contardi

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