Abolire la laurea triennale in biotecnologie?

Sta girando in rete una petizione, promossa da alcuni biologi e rivolta al Capo dello Stato, che individua nella classe di laurea L02 (Biotecnologie) una delle principali cause per la crescente difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro dei laureati in scienze biologiche e discipline affini.

Prometeus, con l’articolo Biotecnologi e Biotecnologie, ha già affrontato il tema della differenza sostanziale (soprattutto di impostazione) tra biologia e biotecnologie, proponendo un calzante esempio:

Scoprire l’insulina è biologia, trasformarla in un farmaco è biotecnologia.

Analizzando i contenuti dei percorsi didattici in oggetto, innegabilmente si può osservare un’iniziale sovrapposizione nei contenuti, situazione però condivisa con tutti i corsi legati alle Scienze della Vita, e con le discipline scientifiche in generale. Già dal secondo anno di corso, però, cominciano a emergere le prime differenze, che vanno via via a supportare il concetto espresso dall’esempio dell’insulina: i biotecnologi, come ricorda il Delegato al Riconoscimento Professionale ANBI, Pilade Cortellazzi, affrontano maggiormente

specifiche competenze teoriche e pratiche nei settori biomolecolare, industriale, agro-alimentare, farmaceutico, medico e veterinario con l’obiettivo di assicurare al futuro laureato una adeguata padronanza di metodi biotecnologici, nonché l’acquisizione di specifiche conoscenze e competenze utili per l’inserimento  nel mondo del lavoro biotech.

Sempre Cortellazzi sottolinea come

nell’ultimo ventennio si è assistito a una vera e propria rivoluzione in ambito scientifico, con la nascita di quella che viene comunemente detta “la nuova biologia”, e la conseguente richiesta di nuove abilità da formare con Corsi di Laurea ad hoc dove possano esser sviluppate competenze biotecnologiche nei campi della biomedicina, della sostenibilità ambientale, delle energie rinnovabili e dell’industria alimentare e farmaceutica.

Queste considerazioni supportano e rafforzano la posizione assolutamente contraria dell’ANBI nei confronti di un’ipotetica disattivazione della classe L02 in Biotecnologie o di un suo accorpamento con la classe L13 in Scienze Biologiche.

Nell’ottica di un costante aggiornamento della professionalità del biotecnologo, in relazione alle necessità di un mondo del lavoro in costante evoluzione, il Presidente dell’ANBI, Tommaso Scarpa, sottolinea la necessità di

strutturare percorsi didattici che siano costantemente al passo coi tempi, in grado di formare laureati che, oltre a solide competenze tecnico-scientifiche, siano preparati su quelle competenze (economia, business planning, protezione intellettuale e legislazione, comunicazione) necessarie per completare i curricula ibridi dei futuri professionisti della bioeconomia.

Parallelamente si rende necessario un ammodernamento legislativo che consenta ai laureati in biotecnologie di essere subito spendibili nel mondo del lavoro, tanto nel pubblico quanto nel privato.

 

Il pieno riconoscimento delle diverse professionalità deve, infatti, procedere di pari passo con lo sviluppo di Corsi di Laurea strutturati sulle richieste del mondo del lavoro per riuscire a risolvere positivamente il problema della spendibilità del titolo accademico e quello della disoccupazione dei giovani laureati.

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