Il Metodo Vannoni non c’è, che facciamo?

Nature, nelle ultime ore, ha pubblicato le prove che dietro al “metodo Vannoni” c’è, se non una vera e propria truffa scientifica, quantomeno un plagio. Le immagini chiave, che vi riproponiamo in calce, usate nei brevetti depositati da Vannoni per dimostrare la capacità del suo metodo di differenziare le cellule staminali in neuroni, non sono sue. Le ha “prese” da altri ricercatori. Ricercatori con i quali Vannoni sostiene di aver collaborato, ed aver citato nella bibliografia del brevetto, ma che per produrre quelle immagini hanno usato metodi diversi dal suo.

Vannoni infatti, glissando le domande di Nature, fa sapere dalla sua pagina Facebook il suo pensiero sulla vicenda, rimandando al mittente tutte le accuse:

La grande rivista “madre della scienza” Nature dedica un altro pezzo a Stamina e questa volta rasenta il patetico (non che prima vi fosse tanto lontana). Si rifà alle solite domande di brevetto per dire che due foto su 5 sono state prese dagli articoli dei russi che hanno collaborato con noi e da cui nasce la radice della metodica Stamina.

[…]

In 7 anni Stamina ha migliorato e reso più efficace ed efficiente la metodica originale che, si dimentica, la sig.ra Abbott, nell’articolo citato dei nostri biologi Russi, viene descritta sia in relazione ad uno studio pre-clinico, sia ad applicazioni cliniche su alcune patologie neurodegenerative.

[…]

Almeno si fosse letta la bibliografia della domanda di brevetto avrebbe trovato l’articolo della nostra collaboratrice russa Elena Shegelskaya da cui sono state tratte le due immagini: altro che plagio.

La sua ricostruzione però presenta più di qualche incongruenza, come spesso ci è capitato di osservare in tutta questa vicenda. Ad esempio:

  1. Se Schegelskaya ha ottenuto quelle foto in collaborazione con Vannoni, perchè Vannoni o Erica Molino (i 2 nomi presenti sul brevetto Stamina) non sono citati o quantomeno ringraziati nel suo articolo?

  2. Se Vannoni ha usato le foto della Schegelskaya in quanto “fatte insieme”, perché nel brevetto non riconosce anche il suo contributo? Perché il suo lavoro viene solo incidentalmente citato nel testo (marcandone le differenze) e non anche in bibliografia?

  3. Perché se le foto utilizzate sono state ottenute con un metodo diverso dal suo (in particolare con concentrazioni e tempi differenti da quelli usati da Stamina) nella didascalia delle foto si legge:
    FIG. 3: Optical micrograph (40× magnification) illustrating the neuronal morphology obtained from mesenchymal stem cells differentiated with the method described in the present description; the presence of axons, dendrites and dendritic spines are evident.
    FIG. 4: Fluorescence micrograph obtained from immunohistochemistry experiments demonstrating the expression of nestin (solid arrow) and vimentin (broken arrow), by mesenchymal stem cells differentiated into neuroblasts with the method described in the present description.

  4. Ma soprattutto, perché usare le foto che la Shegelskaya ha pubblicato nel 2003 e nel 2006 per mostrare che il suo metodo funziona? Perché non mettere le sue foto?

Insomma, sia in termini di condotta che di merito (ora sappiamo che non esistono né pubblicazioni né brevetti che mostrino che il suo metodo è in grado di differenziare in neuroni – in un paio d’ore – le cellule staminali), la vicenda sta diventando sempre più una barzelletta, per quanto amara.

Di sicuro tutto questo dovrebbe cominciare a far riflettere il circo mediatico che ha dato voce in questi mesi alle rivendicazioni sempre meno sostenibili di Vannoni.

Chi in questi mesi ha sollevato dubbi e perplessità su questa presunta terapia (più di) qualche ragione l’aveva. E gli andrebbe riconosciuta.

Il mondo scientifico, in questa vicenda, ha dimostrato di non essere né mercenario, né insensibile, né assassino, né incapace di accettare le innovazioni che non rientrino nei suoi schemi e che non vengano dalla stretta cerchia dei suoi adepti. Tutte acccuse che, sui social network, sono state mosse a chi ha voluto difendere il rigore della ricerca. E quindi anche noi di Prometeus.

Il mondo scientifico ha dimostrato piuttosto di saper resistere alle pressioni politiche e mediatiche e che il suo metodo, quello scientifico, alla fine, funziona meglio di quello (tuttora presunto, visto che nella predisposizione della sperimentazione si passa di rinvio in rinvio) di Vannoni.

Sarebbe quantomeno opportuno che chi ha alimentato speranze, strumentalizzando emozioni e dolori, facesse un mea culpa e magari cercasse di rimediare. Noi siamo disponibili a dare una mano, se serve.

La foto presentata come propria nel brevetto di Vannoni. FIG. 3: Optical micrograph (40× magnification) illustrating the neuronal morphology obtained from mesenchymal stem cells differentiated with the method described in the present description; the presence of axons, dendrites and dendritic spines are evident. FIG. 4: Fluorescence micrograph obtained from immunohistochemistry experiments demonstrating the expression of nestin (solid arrow) and vimentin (broken arrow), by mesenchymal stem cells differentiated into neuroblasts with the method described in the present description.

La foto apparsa nell’articolo della Schegelskaya del 2003. Si noti che anche le macchie coincidono.

 

Aggiornamento 4/7/13

La Schegelskaya ha confermato a Linkiesta che Vannoni non poteva e non aveva nessun diritto di usare la sua foto.

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